“Io dico sempre che il Cammino Neocatecumenale fa un grande bene nella Chiesa”

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Nugoli di preti e seminaristi con la barba e il rosario in mano, squadroni di itineranti e catechisti, famiglie, da tutto il mondo, tra cui anche un gruppo di coreani con i tipici kimono. Bandiere dei diversi paesi, striscioni con dichiarazioni d’affetto al Papa e anche un canguro di gomma. Poi bambini, bambini ovunque, di tutte le età: dai neonati che vagivano nelle carrozzine, a quelli più grandicelli che sfidavano i gendarmi facendo le foto sui gradini dell’Aula Paolo VI.

L’umanità variopinta che presenta il Cammino Neocatecumenale nei grandi incontri è sempre uno spettacolo. Ne è stata conferma l’udienza di questa mattina con Papa Francesco, durante la quale il Santo Padre ha inviato 220 famiglie missionarie in ogni angolo del globo. Lo stesso Pontefice appariva divertito nel vedere questa folla in festa che ha accolto il suo ingresso nel corridoio dell’Aula Nervi.

Tra gli applausi e i tradizionali cori di “W il Papa”, mentre l’iniziatore Kiko Argüello dal palco intonava emozionato un canto alla Vergine Maria, Francesco ha baciato bambini, abbracciato giovani e malati, benedetto i fedeli più veloci nell’accaparrarsi il posto dietro le transenne. Sul palco, ad attendere il Pontefice, oltre a Kiko, Carmen Hernandez e padre Mario Pezzi, responsabili mondiali del Cammino, c’era pure un gruppo di vescovi e cardinali vicini all’itinerario Neocatecumenale, tra cui il cardinale vicario Agostino Vallini, il cardinale Rouco Varela, il cardinale Rylko e molti altri.

Sempre sul palco, a sinistra, campeggiava poi l’enorme cartellone che presentava al Papa le diverse destinazioni in cui verranno inviate le 90 missio ad gentes: dalle nazioni secolarizzate di Europa e Oceania, ai villaggi poveri dell’Africa, fino alle zone dell’Asia dove – come ha detto Kiko – “non sanno nemmeno chi sia Gesù Cristo”. 220 famiglie, per un totale di 600 figli, accompagnati da un sacerdote, che si vanno ad aggiungere agli oltre 1.100 nuclei familiari che anni fa hanno già compiuto questa scelta di lasciare tutto e tutti per Cristo.

Famiglie “formate” da 14-15 anni di Cammino, come ha spiegato Argüello, pronte ad evangelizzare anche nelle parti più difficili del mondo. Famiglie “che si amano” quasi da far invidia, e che solo per questo rappresentano una forte testimonianza in quelle terre dove ogni anno aumenta il tasso di suicidi, divorzi, aborti.

Una testimonianza, dunque, quella offerta da circa 50 anni dalle famiglie (numerose e non) del Cammino Neocatecumenale, che si rende quanto mai necessaria nel momento storico attuale. Proprio per questo Papa Francesco, come i suoi predecessori sin dall’epoca del Beato Paolo VI, ha voluto mettere il suo sigillo su questa florida opera di nuova evangelizzazione.

“Il compito di Pietro è quello di confermare i fratelli nella fede”, ha detto infatti all’inizio del suo discorso, “così anche voi avete voluto con questo gesto chiedere al Successore di Pietro di confermare la vostra chiamata, di sostenere la vostra missione, di benedire il vostro carisma. E io oggi confermo la vostra chiamata, sostengo la vostra missione e benedico il vostro carisma”. “Lo faccio – ha precisato a braccio – non perché lui (riferito a Kiko) mi ha pagato, no! Lo faccio perché voglio farlo. Andrete in nome di Cristo in tutto il mondo a portare il suo Vangelo: Cristo vi preceda, Cristo vi accompagni, Cristo porti a compimento quella salvezza di cui siete portatori!”.

“Io dico sempre che il Cammino Neocatecumenale fa un grande bene nella Chiesa”, ha poi soggiunto il Santo Padre, in quanto esso realizza il mandato di Cristo ai suoi discepoli: «Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato». In particolare, Francesco si dice “contento” che questa missione si svolga grazie “a famiglie cristiane che, riunite in una comunità, hanno la missione di dare i segni della fede che attirano gli uomini alla bellezza del Vangelo”. Ovvero l’amore e l’unità indicate dal Signore nel Vangelo.

Soprattutto sono le missio ad gentes la più grande e nuova testimonianza per il mondo di oggi: queste comunità, formate da un presbitero e da quattro o cinque famiglie, con figli anche grandi, chiamate dai Vescovi per una implantatio Ecclesiae, “una nuova presenza di Chiesa”, là dove la Chiesa non esiste o non è più in grado di raggiungere i non cristiani. Tutti coloro, cioè – ha spiegato il Papa – “che non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo”, che “hanno dimenticato chi era Gesù Cristo, chi è Gesù Cristo”, “non cristiani battezzati, ma ai quali la secolarizzazione, la mondanità e tante altre cose hanno fatto dimenticare la fede”.

“Svegliate quella fede!”, ha quindi urlato Bergoglio. “Prima ancora che con la parola, con la vostra testimonianza di vita, manifestate il cuore della rivelazione di Cristo: che Dio ama l’uomo fino a consegnarsi alla morte per lui e che è stato risuscitato dal Padre per darci la grazia di donare la nostra vita agli altri”.

Perché di questo grande messaggio “il mondo di oggi ha estremo bisogno”. Troppa è infatti la “solitudine”, la “sofferenza”, la “lontananza da Dio” che si sperimenta “in tante periferie dell’Europa e dell’America e in tante città dell’Asia!”. “Quanto bisogno ha l’uomo di oggi, in ogni latitudine, di sentire che Dio lo ama e che l’amore è possibile!”, ha esclamato il Santo Padre.  E chi può meglio mostrare l’amore di Dio per l’uomo se non “tutti voi che avete ricevuto la forza di lasciare tutto e di partire per terre lontane grazie a un cammino di iniziazione cristiana, vissuto in piccole comunità, dove avete riscoperto le immense ricchezze del vostro Battesimo”.

In fin dei conti questo è il Cammino Neocatecumenale, “un vero dono della Provvidenza alla Chiesa dei nostri tempi”, ha sottolineato Bergoglio, rievocando le storiche parole con cui san Giovanni Paolo II ne sintetizzò l’essenza: «Un itinerario di formazione cattolica, valido per la società e per i tempi odierni». Ma Francesco ha citato anche Paolo VI, quando incontrando per la prima volta le comunità neocatecumenali nell’udienza dell’8 maggio 1974 disse: “Quanta gioia ci date con la vostra presenza e con la vostra attività!”.

“Vedere tutto questo è una consolazione, perché conferma che lo Spirito di Dio è vivo e operante nella sua Chiesa, anche oggi, e che risponde ai bisogni dell’uomo moderno”, ha aggiunto il Santo Padre, per poi ricordare il tripode su cui il Cammino poggia le sue basi: Parola, Liturgia e Comunità. Perciò, ha rimarcato, “l’ascolto obbediente e costante della Parola di Dio; la celebrazione eucaristica in piccole comunità dopo i primi vespri della domenica, la celebrazione delle lodi in famiglia nel giorno di domenica con tutti i figli e la condivisione della propria fede con altri fratelli sono all’origine dei tanti doni che il Signore ha elargito a voi, così come le numerose vocazioni al presbiterato e alla vita consacrata”.

Tutto questo è linfa vitale per quella “pastorale decisamente missionaria” a cui la Chiesa deve mirare – come ribadito anche dalla Evangelii Gaudium –, tralasciando quella “pastorale di semplice conservazione” che fa sì che “nella Chiesa, abbiamo Gesù dentro e non lo lasciamo uscire…”. “Quante volte!”, ha osservato a braccio il Papa. Questa, dunque – ha concluso – “è la cosa più importante da fare se non vogliamo che le acque ristagnino nella Chiesa”.

E per concretizzare queste parole, Francesco ha abbracciato e consegnato la croce dell’invio ad una rappresentanza delle oltre 200 famiglie missionarie e imposto le mani sul capo di ognuno degli oltre 30 presbiteri che le accompagneranno, in ginocchio tutti in fila sul palco desiderosi di ricevere la benedizione del Successore di Pietro.

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